“Io al tuo matrimonio non ci vengo!”
Non potevo credere che mio padre avesse detto quella frase

 

Non dimenticherò mai quella litigata. Eravamo nel soggiorno di casa mia, troppo arrabbiati per sederci e troppo nervosi per stare fermi. Camminavamo su e giù per la stanza, come due leoni in trappola. La sua espressione delusa mi faceva più male del suo tono alterato, e mi sembrava di sentire il rumore del mio sogno che andava in frantumi.

Il sogno di una vita, distrutto da poche, semplici parole

Il pomo della discordia era la mia cerimonia nuziale. Avevo deciso di non sposarmi in chiesa, ma con un rito personalizzato, più in linea con la mia spiritualità. Era tutto organizzato alla perfezione. La sala del castello sarebbe stata illuminata dalle candele e decorata con vasi di cristallo pieni di tulipani bianchi, le sedie candide rifinite con i nastri blu (il mio colore preferito) sarebbero state disposte in file parallele. Già mi vedevo percorrere quel corridoio. Il quartetto d’archi avrebbe suonato la marcia nuziale e io avrei fatto il mio ingresso, indossando il mio bellissimo vestito bianco e dando il braccio a mio padre.

E lui non voleva venire al mio matrimonio???

Mi sentivo ferita, delusa, tradita. Sono figlia unica e papà è stato il primo grande amore della mia vita. Non potevo concepire l’idea del mio matrimonio senza di lui. Sin da quando ero piccola mi ha sempre incoraggiato a pensare con la mia testa, a non seguire il gregge, ad affermare la mia individualità. Non lo riconoscevo più. Chi era quell’uomo con gli occhi lucidi, così preoccupato che il mio matrimonio non convenzionale gli facesse fare brutta figura? E come poteva darmi questo dolore?

Dovevo trovare una soluzione

Lavorando già come wedding planner avevo una certa esperienza nel settore. Sapevo che il matrimonio tira fuori il meglio e il peggio dalle persone che ti circondano. Ero bravissima a dare suggerimenti alle spose, su come affrontare questi problemi, ma stavolta si trattava di me. Tutti quei saggi consigli non erano sufficienti.

Prima di tutto era fondamentale capire il meccanismo. Che cosa rende una cerimonia in chiesa più rassicurante di un rito simbolico? Che cosa emoziona gli invitati e cosa li spaventa o li mette a disagio? Che significa esattamente “fare bella figura”?

Poi bisognava trovare il modo di scrivere una cerimonia efficace tenendo conto di questi fattori. Come si racconta una storia d’amore in modo da coinvolgere tutti? Come si comunicano i valori di una coppia? Qual è il giusto equilibrio tra solennità e allegria?

È iniziata così la mia ricerca.

Sono sempre stata una secchiona. Se c’è una cosa nella mia vita che ho sempre saputo fare, è proprio studiare. Inoltre, ho sempre amato scrivere e per interesse personale avevo già studiato scrittura creativa, copywriting e sceneggiatura. Ho costruito una soluzione a partire da questi due punti fermi: ho cominciato a leggere e studiare libri su libri, a tormentare ministri di vari culti con mille domande, a scrivere e sperimentare vari stili.

Intanto i preparativi del mio matrimonio peggioravano sempre più. I miei invitati cominciavano a disdire la loro presenza con delle giustificazioni che non stavano in piedi. “Non posso perdere la lezione di sci”, “Devo andare dal dentista”, “Ho paura che nevichi” (mi sono sposata a dicembre)…

Uno dopo l’altro, i miei familiari mi davano buca, inventando le scuse più improbabili per nascondere la verità. Erano terrorizzati dall’idea di affrontare un rito nuovo e inconsueto. Dai 130 invitati iniziali, si erano ridotti a poco più di 70.

Di certo ho scoperto chi meritava il mio invito e chi no, ma in quel momento non è stato facile da digerire. Ero sul punto di mollare, mandare tutti a quel paese e annullare il matrimonio.

Ma non ce l’ho fatta. Avevo trascorso troppo tempo sognando quel giorno. Non potevo rinunciare così. Dovevo creare una cerimonia spettacolare. Dovevo dimostrare a tutti che si sbagliavano!

Ho raddoppiato gli sforzi. Ho studiato e studiato e studiato, finché non ho trovato il modo.

Quando mio padre ha letto in anteprima il testo della mia cerimonia nuziale, si è commosso e ha deciso che dopotutto non avrebbe fatto brutta figura. E quel giorno era lì, accanto a me, dove un padre dovrebbe essere.

Alla fine faceva la ruota come un pavone, mentre tutti gli facevano i complimenti (a lui!!!) per il bellissimo matrimonio

E gli altri invitati? Come immaginerai le voci corrono, so che hanno chiesto informazioni a chi c’era e quando hanno scoperto che la mia cerimonia è stata incantevole si sono mangiati le mani. Alcuni di loro non hanno tuttora il coraggio di parlarmi. Altri sono diventati i più grandi fan delle mie cerimonie.

Ancora non lo sapevo, ma avevo gettato le basi del mio metodo Cerimonia VIP, che avrebbe rivoluzionato il settore delle cerimonie nuziali. Quando infatti, qualche tempo dopo, una delle mie coppie è venuta da me, con un problema molto simile a quello che avevo vissuto io, non ho potuto fare a meno di aiutarli. Li capivo, li capivo anche troppo bene!

Non c’era spazio in Italia per le coppie che desideravano un matrimonio alternativo. Quelle non credenti, al secondo matrimonio, o semplicemente quelle che ritenevano che la messa fosse una vera noia e che il matrimonio in comune fosse troppo breve e squallido. Erano mal giudicati: troppo strani, misteriosi, immorali. Coppie che dovevano essere ricondotte ad ogni costo sui binari dellatradizione. I loro matrimoni erano considerati di serie B.

Avrei potuto far finta di niente e continuare con il mio lavoro. I matrimoni in chiesa erano i più frequenti, c’erano più opportunità ed erano (e sono) molto più facili da organizzare.

Ma sapevo come si sentivano, l’avevo provato sulla mia pelle. Come potevo tacere?

Avevo la risposta, perché non condividerla?

Non avevo in programma di diventare celebrante. Ma guardandomi intorno mi sono accorta che non c’era nessuno a cui avrei potuto affidare serenamente il frutto delle mie scoperte. Il mercato delle cerimonie simboliche sembrava la Corte dei Miracoli. Era popolato da attorucoli e attricette che avevano scambiato un rito nuziale per un palcoscenico, finti preti e finti sindaci, giullari dai copricapo improbabili, disoccupati in cerca di un lavoro tappabuchi. I pochi celebranti seri, provenienti dall’estero, non avevano la minima idea della mentalità delle famiglie italiane.

Non volevo che un’altra donna passasse quello che avevo passato io. Non volevo permettere a certe persone di rovinare il sogno di un’altra coppia. C’era un unico modo per farlo: scendere in campo.

E così mi sono rimessa a studiare, per diventare officiante. E ho continuato ad approfondire e testare il mio metodo per renderlo efficace con ogni coppia di sposi.

Ci ho messo molti anni e centinaia di matrimoni, prima di arrivare alla sua formulazione attuale. E continuo a testarla e migliorarla.

Così è nato Cerimonia VIP

Un po’ per amore, un po’ per necessità, un po’ per senso di giustizia.

Mi chiamo Claudia Carbonara

e sono una copywriter e celebrante professionista. Sono l’ideatrice del metodo Cerimonia VIP, dedicato alle cerimonie nuziali su misura.

Potrei raccontarti dei corsi che ho seguito e tenuto, dei maestri che ho avuto, dei libri che ho pubblicato.

Ma ho preferito raccontarti la mia storia, per farti capire che per me i matrimoni sono una cosa seria. Una questione personale. Sono una fanatica delle cerimonie. Voglio concentrarmi su quello che a te interessa veramente: sapere se sono la persona giusta per aiutarti.

Se deciderai di affidarti a me e al mio team per la creazione e la celebrazione del tuo rito nuziale personalizzato, dovremo conoscerci meglio e dovrai dirmi qualcosa di te e della tua storia d’amore. Ho deciso di fare il primo passo e raccontarti prima io qualcosa di me, perché la fiducia si crea sempre in due sensi.

Il prossimo passo spetta a te, ed è molto semplice.

Contattami per parlare del tuo sogno e di come realizzarlo. Io e la mia squadra siamo pronti ad ascoltarti. Se scopriremo che ci sono i presupposti per lavorare insieme, inizieremo la nostra collaborazione.